lunedì 26 maggio 2008

I primi provvedimenti del Governo a Napoli

Con la riunione del Consiglio dei Ministri, tenutasi a Napoli il 21 maggio, il Governo Berlusconi ha avviato i lavori della nuova legislatura ha voluto onorare gli impegni presi in campagna elettorale, approvando provvedimenti in materia di superamento dell’emergenza rifiuti nella regione Campania, sicurezza pubblica, diminuzione del carico fiscale.
Ad un primo sommario esame, questi provvedimenti hanno un approccio emergenziale che serve a tranquillizzare l'opinione pubblica, ma non offrono una prospettiva stabile e duratura per risolvere i problemi che si vogliono affrontare.

Emergenza rifiuti a Napoli e in Campania
Per risolvere la situazione legata allo smaltimento dei rifiuti a Napoli e in Campania, il Consiglio dei ministri ha nominato Guido Bertolaso a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'emergenza rifiuti ed ha approvato un decreto legge che individua le discariche da aprire e che prevede la costruzione di quattro termovalorizzatori in Campania.
Il decreto legge non mette ordine al complesso sistema delle gestioni commissariali con le quali è stata fino ad oggi affrontata l'emergenza rifiuti in Campania, sistema che è all'origine di molte disfunzioni e sprechi, che anzi ha vanificato il ruolo degli enti locali e che non ha saputo né risolvere il problema rifiuti, né intaccare il potere della camorra nella gestione delle discariche.
Viene anzi creata una nuova struttura, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, facendo aumentare il numero di sottosegretari attualmente previsto dalla legge. Il Sottosegretario si aggiunge alle gestioni esistenti con poteri straordinari e l'emergenza rifiuti viene prorogata fino al 31 dicembre del 2009.
In ogni caso, il piano varato con il decreto legge raccoglie le proposte elaborate in questi mesi dal commissario De Gennaro insieme alla Regione e alle Autonomie locali e definisce un quadro unitario di scelte e di azioni necessarie per uscire rapidamente dalla crisi e per realizzare finalmente un ciclo integrato di smaltimento dei rifiuti.
Ma occorre porsi l'obiettivo di uscire dall'emergenza, con un'azione che valorizzi la responsabilità degli enti territoriali che necessariamente avrà bisogno di nervi saldi, tempi lunghi, grande pazienza. Dopo le tante polemiche è arrivato il momento in cui tutte le forze politiche e tutte le istituzioni della Repubblica devono collaborare per liberare Napoli e la Campania dai rifiuti. Un impegno che è strettamente legato a quello per liberare Napoli e la Campania dalla camorra.


Pacchetto sicurezza

Il "pacchetto sicurezza" del Governo prevede un decreto-legge immediatamente operativo, un disegno di legge che avrà una corsia preferenziale in Palamento, alcuni decreti legislativi di recepimento di direttive comunitarie.
Si cerca di rispondere alle paure dei cittadini suscitate dalla crescita dell'immigrazione attraverso l'inasprimento delle pene e delle misure per contrastare l'immigrazione clandestina che rischiano di creare un diritto penasle speciale per gli immigrati in contrasto con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (reato di ingresso illegale, prolungamento a 18 mesi di permanenza nei CPT, limitazioni ai matrimoni di convenienza e ai ricongiungimenti familiari, revoca dello status di rifugiato) invece di costruire una politica fondata sull'accoglienza e sulla legalità.
Si realizza un "giro di vite" sui comportamenti che più colpiscono l'opinione pubblica (guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, omicidio commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale e sugli infortuni sul lavoro, divieto di patteggiamento in appello per i reati di criminalità organizzata, ecc). Come sempre, nel rispetto della tradizione schizofrenica del nostro legislatore, invece di mettere in campo un intervento riformatore che dia certezza all'azione della polizia e della magistratura, attraverso il rafforzamento delle azioni per il ripristino della legalità e per la certezza delle pene, si segue la logica emergenziale dell'inasprimento delle sanzioni penali che rappresenta esattamente l'altra faccia dell'indulto.
La stessa cosa avviene con il maggiore coinvolgimento dei Sindaci nelle tematiche della sicurezza: è concesso il potere adottare provvedimenti urgenti per prevenire ed eliminare gravi pericoli per l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana ma non si affronta con coerenza il tema del coordinamento tra le polizie nazionali e le polizie locali per coordinare stabilmente gli interventi sull'ordine pubblico e la sicurezza e gli interventi a difesa della legalità.

Diminuzione del carico fiscale
La diminuzione del carico fiscale è attuata con alcuni interventi che non affrontano in modo strutturale i temi principali che il Paese deve affrontare: la semplificazioine del sistema fiscale legata all'avvio del federalismo fiscale e il rilancio della produttività.
L’eliminazione dell’imposta comunale per l’abitazione principale dei contribuenti (ICI) escluse le abitazioni di lusso infatti crea una “illusione tributaria”, perché i contribuenti dovranno in altre forme pagare ciò che viene loro presentato come un regalo. Allo stesso tempo comporta una compressione dell'autonomia finanziaria dei Comuni proprio nel momento in cui si dovrebbe avviare il federalismo fiscale ed introdurre un rapporto le istituzioni e i cittadinibasato sull'autonomia e la responsabilità.
La rinegoziazione dei mutui rischia di riproporre nei conti privati lo schema della finanza creativa che abbiamo già sperimentato nei conti pubblici poiché offre l'allettante prospettiva di un beneficio immediato a fronte di un maggiore onere futuro.
La detassazione dello straordinario dei dipendenti del settore privato, in via sperimentale, rischia di privilegiare solo alcune figure a discapito di altre e di trasformarsi in un incentivo a una massiccia operazione di elusione fiscale, a favore soprattutto delle imprese del Nord, che verrebbe pagata da tutti gli altri contribuenti. Ma, soprattutto, non affronta l'esigenza prioritaria di incentivare effettivamente il recupero di competività del sistema produttivo, attraverso una riforma del sistema contrattuale pubblico e privato che rafforzi il legame fra salario, produttività e condizioni locali del mercato del lavoro.

domenica 11 maggio 2008

Il Governo Berlusconi IV e il Governo ombra del PD

Il chiaro esito delle elezioni politiche del 13 e 14 giugno ha consentito a Berlusconi e alla coalizione che lo sostiene di procedere con molta rapidità ai primi adempimenti della XVI legislatura.
I Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica sono stati eletti tra i rappresentanti delle due maggiori forze che hanno dato vita al Popolo della libertà.
Il Presidente del Consiglio ha accettato senza riserve l'incarico conferitogli dal Presidente della Repubblica e ha formato immediatamente il nuovo Governo, che si presenta come un Governo del Primo ministro. Nel Governo Berlusconi IV, che si è insediato lo scorso 8 maggio, non ci sono Ministri esterni alla maggioranza e i Ministri più importanti fanno diretto riferimento Presidente del Consiglio. Anche se è stato rispettato il numero di Ministri con portafoglio previsto dalla legge, è evidente una certa certa ridondanza di incarichi tra quelli senza portafoglio, che può complicare la ripartizione dei compiti tra i diversi Ministri.
Il Partito Democratico è ancora alle prese con la discussione sulle ragioni della sconfitta. Tuttavia, in quanto principale partito di opposizione, non ha perso tempo e ha cominciato a riorganizzarsi attraverso l'elezione dei capigruppo di Camera e Senato, la costituzione del Governo ombra e di un Coordinamento che affiancherà il Segretario, Walter Veltroni, nelle funzioni di direzione politica del PD. La costituzione del Governo ombra deve portare a rivedere gli incarichi del Partito, poiché occorre evitare le sovrapposizioni e rendere evidenti le responsabilità nelle diverse politiche settoriali.
La nascita del Governo e la costituzione del Governo ombra possono favorire l'avvio di un nuovo rapporto tra maggioranza e opposizione, a partire dal diverso ruolo che esse svolgono nel Parlamento.
Da un lato, su alcuni temi di interesse nazionale, occorre superare la logica dello scontro a priori: la Costituzione, le riforme istituzionali, la politica estera e la posizione dell'Italia nell'Unione europea sono campi sui quali si dovrebbe sviluppare un confronto costante tra maggioranza e opposizione, per trovare alcuni fondamentali punti di accordo e un minimo comun denominatore a tutela dell'interesse generale e della tenuta del Paese.
Dall'altro, sulla politica economica e sulle altre scelte di governo, è naturale che l'opposizione dovrà incalzare la maggioranza senza paura, criticare le sue proposte se ritenute non valide, proporre delle soluzioni alternative, definire una sua agenda di priorità sulla quale ricercare in modo chiaro il consenso popolare.
Ma l'attività del Partito Democratico non può essere legata solo alla dinamica parlamentare.
Le ragioni della sconfitta sono profonde - non solo di natura politica ma anche di natura economica - e occorre riprendere con cura il percorso di radicamento territoriale e di definizione di una chiara identità riformatrice del Partito Democratico nel contesto europeo, anche per affrontare in modo positivo le prossime sfide delle elezioni amministrative ed europee.
E' un impegno non scontato, faticoso ma non impossibile. Soprattutto se il PD evita le scorciatoie delle scelte piovute dall'alto e recupera la capacità di coinvolgimento e di partecipazione democratica che si è avuta nelle elezioni primarie e che costituisce uno degli elementi innovativi del suo statuto.
Diamo fiducia al popolo dell'Ulivo e alle sue aspettative di partecipazione democratica; affidiamo ad esso le scelte sulla collocazione politica del PD in Europa e sulle candidature da presentare alle prossime scadenze elettorali.

sabato 3 maggio 2008

Le ragioni della sconfitta

!?

Le elezioni politiche del 13 -14 aprile 2008 rappresentano senza dubbio una cocente sconfitta per il Partito Democratico e il complesso delle forze del centrosinistra, soprattutto se si leggono insieme ai risultati delle elezioni amministrative ed, in primo luogo, alla sconfitta subita nel ballottaggio al Comune di Roma.

1. Una sconfitta democratica

All'origine di questa sconfitta c'è, in primo luogo, una ragione puramente democratica.
Gli italiani hanno punito l'incapacità delle forze di centrosinistra di stare insieme e governare il Paese per realizzare in 5 anni ciò che era scritto nel programma dell'Unione.
Il Governo Prodi è franato soprattutto sulle sue contraddizioni.
C'era un'evidente schizofrenia tra l'obiettivo ambizioso e unitario dell'Unione, l'azione di governo, le dichiarazioni di singoli ministri e e la frammentazione delle forze politiche che facevano parte della coalizione.
In alcuni casi (formazione del Governo, numero di ministri e sottosegretari) è stato rinnegato il programma elettorale; in altri (l'indulto) si è privilegiato un intervento di emergenza rispetto a riforme strutturali che garantissero il funzionamento della giustizia e la certezza delle pene; in altri (il protocollo del sul welfare) sono venuti al pettine i nodi irrisolti che erano dentro lo stesso programma dell'Unione.
Più in generale l'Unione non è riuscita a gestire unitariamente il passaggio dalla fase di risanamento della spesa pubblica a quella di sviluppo del progetto per il rilancio del Paese.
Il risultato elettorale punisce pesantemente soprattutto le forze che più hanno contribuito con i loro comportamenti e con le loro azioni alla caduta del Governo Prodi, ma segna una sconfitta complessiva per le forze del centrosinistra che non hanno saputo affrontare con unitarietà, coerenza e capacità la sfida del governo.


2. Una sconfitta sociale, territoriale e culturale

La nuova affermazione di Berlusconi (la terza in 14 anni) e il risultato del Popolo della libertà e dei suoi alleati hanno tuttavia radici profonde e di più lunga durata.
In questi anni, l'Italia ha avviato un lungo processo di transizione istituzionale che è stato da tutti visto come la necessaria risposta alla bassa capacità di crescita del paese e che purtroppo non è arrivato ancora a compimento. La grave crisi della finanza pubblica e la situazione del debito pubblico ereditata dagli anni '80, insieme all'ingresso del nell'Unione europea e nell'area dell'euro, hanno costretto i diversi governi a manovre finanziarie che hanno colpito le capicità di investimento e di consumo del Paese. La globalizzazione e il forte sviluppo delle nuove economie emergenti (Cina, India ...) hanno messo in difficoltà il tradizionale settore manifatturiero in cui l'Italia eccelleva, penalizzando le capacità di esportazione. In un periodo di bassa crescita economica si è assistito allo spostamento della ricchezza reale dai salari alle rendite e ai profitti e al parallelo aumento dei livelli di disuguaglianza sociale e territoriale.
L'Italia è stata descritta come un paese in declino, ripiegato su se stesso e che non riesce a trovare una visione condivisa per rilanciare il suo ruolo nazionale e internazionale: uno specchio in frantumi in cui prevalgono le istanze particolaristiche e corporative.
I partiti di centrosinistra e i sindacati che ad essi sono tradizionalmente collegati non hanno saputo portare a completamento la lunga transizione istituzionale che caratterizza l'Italia dal 1992 e non hanno fornito una prospettiva di rilancio al Paese. Hanno perduto la capacità di insediamento sociale nella società italiana che è stata percorsa da profondi processi di ristrutturazione del tessuto produttivo (riorganizzazione e delocalizzazione delle imprese), del mercato del lavoro (che è divenuto molto più precario) e della sua composizione demografica (il costante aumento della popolazione immigrata).
I partiti del centrodestra, invece, sono riusciti a rappresentare meglio le diverse facce del Paese. L'Alleanza tra il Popolo delle libertà, la Lega, il MPA ha consentito di trovare delle risposte differenziate nelle diverse aree del Paese. E la capacità di rappresentanza territoriale non si è limitata al Nord e alla Sicilia, ma è arrivata a radicarsi quasi in tutto il Paese, con una ricaduta evidente anche sul voto amministrativo di Roma. Le uniche aree geografiche che si resistono allo spostamento del voto a destra sono le tradizionali regioni rosse del centro-nord.
Anche se sono evidenti le contraddizioni politiche e culturali la coalizione di centrodestra ha saputo interpretare gli orientamenti profondi del Paese grazie ad una rinnovata presenza nella società, non solo tra gli imprenditori e i professionisti ma anche tra gli operai e le fasce più popolari (circoli, sindacati, apparati di informazione, ecc.).
E' evidente che le diverse risposte delle forze del centrodestra hanno trovato un cemento straordinario in Berlusconi che, a partire dalla sua presenza negli apparati informativi e dalle sue capacità di comuicazione, ha saputo costruire in questi anni un solido sistema di alleanze politiche ed un'egemonia culturale che hanno profondamente influenzato l'opinione pubblica: segni evidenti di ciò sono le analisi e le idee contenute nell'ultimo libro di Tremonti, come lo spazio dato alle tematiche della sicurezza in tutte le televisioni durante la campagna elettorale politica e amministrativa.


3. Il risultato del Partito Democratico

Di fronte alla crisi evidente e alla frammentazione dell'alleanza che sosteneva il secondo Governo Prodi, la nascita del Partito Democratico ha rappresentato l'unico vero tentativo di rispondere attraverso una nuova proposta politica alla sfida elettorale.
La scelta di trasformare l'alleanza elettorale dell'Ulivo in un vero partito riformatore si sarebbe dovuta avviare probabilmente già dopo la caduta del primo Governo Prodi nel 1998. Tuttavia il Partito Democratico, dopo un lungo travaglio, è finalmente nato, attraverso un processo costituente che ha visto la confluenza dei DS e della Margherita nel nuovo Partito, la partecipazione di oltre 3 milioni di persone e una prima adesione di oltre 1 milione di persone.
La scelta di affrontare da soli la sfida delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile non è stata evidentemente sufficiente per cambiare l'esito del voto.
Il voto ravvicinato è intervenuto quando ancora era in corso la fase costituente del PD: le differenze dell'esito del voto politico nelle diverse aree territoriali, nelle aree urbane rispetto ai centri minori, i diversi rislutati del voto amministrativo devono essere letti anche in questa luce.
Al di là delle ragioni oggettive della sconfitta elettorale, occorre pertanto avviare una riflessione approfondita anche sulle modalità con le quali è stato avviata la costruzione del nuovo Partito a livello nazionale e nei diversi territori.
Senza dubbio l'emergenza elettorale e la forte verticalizzazione dell'offerta politica non hanno contribuito a far emergere in profondità il profilo innovativo del PD, come partito aperto alla partecipazione democratica e con una presenza diffusa nel territorio.
Le candidature per le elezioni politiche (e per il Sindaco di Roma) non sono state scelte attraverso le elezioni primarie e questo ha sicuramente frenato le aspettative democratiche che molti riponevano sul nuovo Partito.
Allo stesso tempo, la personalizzazione della campagna elettorare 1 contro 1 (Veltroni contro Berlusconi) non ha fatto emergere il profilo corale e plurale della nuova forza politica. Alla comunicazione berlusconiana fondata sul modello del broadcast televisivo occorreva probabalimente opporre un altro modello di comunicazione, fondato su una pluralità di soggetti, sulla capacità di fare rete e di costruire una proposta e una squadra in sintonia con il candidato premier.

4. Ripartiamo dal PD e dal territorio

Nonostante la sconfitta, i risultati delle elezioni testimoniano che in tutto il Paese c'è una grande forza riformatrice che raccoglie circa un terzo dei consensi elettorali.
Con il 33,5% dei voti il Partito Democratico si colloca ad un livello di consenso simile a quello massimo raggiunto dal Partito comunista, ma il suo risultato è più omogeneo perché in tutte le regioni è comunque superata la soglia del 25% dei voti.
Con questo livello di consensi il Partito Democratico si pone come concreta forza di governo in tutto il territorio del Paese e, a differenza del Partito comunista, ha la possibilità di costruire una proposta di governo e un sistema di alleanze sia verso la sinistra che verso il centro.
Occorre pertanto ripartire da questa forza e da questa consapevolezza.
Il PD non può restare in mezzo al guado ma deve portare a termine il processo di costituzione e di radicamento nella società e nei territori, organizzadosi realmente come partito nuovo, a rete, plurale ed aperto, a forte partecipazione popolare e democratica.
Per fare questo non occorrono correnti e scontri di vertice. Occorre una grande capacità di ascolto e di azione nella società, un lavoro costante di radicamento del PD, la costruzione di una rete di fondazioni e associazioni che consentano di recuperare un rapporto profondo con il sentimento popolare, nelle città, nelle province, nelle regioni, in Italia e in Europa.
Un partito di questo tipo può affrontare in modo intelligente le future sfide politiche ed elettorali, valutando le possibili alleanze con le forze che si collocano a sinistra o al centro del sistema politico, costruendo credibili proposte di governo e definendo la sua collocazione a livello europeo: a partire dalle elezioni amministrative del prossimo giugno in Sicilia e dalle elezioni amministrative ed europee che si terranno in tutto il paese nel 2009.