mercoledì 30 luglio 2008

Forza Europa

Sul sito della "La Fabbrica.eu" è stata lanciata dall'on. Sandro Gozi una interessante discussione sul futuro dell'Europa i cui risultati sono disponibili in rete.

Ecco il mio contributo.

Credo che l'Europa debba riprendere il cammino indicato da Spinelli verso una piena unificazione politica che permetta a tutti i paesi europei di affrontare insieme le principali questioni poste dalla globalizzazione, in una prospettiva federale e democratica che consenta un intervento unitario della UE sulle principali scelte di tipo strategico (tra cui la politica estera e la politca economica) e la capacità di coinvolgere in ottica sussidiaria gli Stati nazionali e i livelli di governo territoriale.

Relativamente alla ratifica del trattato di Lisbona il mio pensiero è contenuto nel blog nel post "Il coraggio di investire sul futuro": Auspicherei la ratifica del trattato da parte di 25/26 Stati membri e lo svolgimento di un referendum europeo sul trattato, da svolgersi contestualmente alle prossime elezioni europee del 2009, per consentire finalmente un dibattito unitario sul futuro dell'Europa in tutti i paesi membri.

In ogni caso occorre avviare un processo di integrazione dell'Europa dal basso, attraverso il coinvolgimento dell'opinione pubblica, la realizzazione di una "rete civica europea", la costruzione di partiti europei, per consentire un confronto unitario sulle principali scelte da fare insieme.

Relativamente all'approfondimento del processo di integrazione ritengo che la strada migliore sia quella delle cooperazioni rafforzate. Relativamente all'allargamento ritengo essenziale innanzitutto completare il percorso di inclusione dei paesi balcanici e, parallelamente, approfondire il processo aperto con l'Unione per il Mediterraneo lanciata a Parigi lo scorso 13 luglio 2008.

domenica 13 luglio 2008

L'opposizione di cui ha bisogno il Paese

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All'avvio del Governo Berlusconi avevo auspicato un nuovo rapporto tra maggioranza e opposizione che consentissse di distinguere tra le materie su cui è necessario un percorso condiviso in Parlamento e le materie sulle quali era naturale che si mantenesse un confronto serrato e anche duro.

Da un lato, la Costituzione, le riforme istituzionali, la politica estera e la posizione dell'Italia nell'Unione europea sono campi sui quali si dovrebbe sviluppare un confronto costante tra maggioranza e opposizione, per trovare alcuni fondamentali punti di accordo e un minimo comun denominatore a tutela dell'interesse generale e dell'interesse nazionale.

Dall'altro, la politica economica e le scelte di governo operate dalla maggioranza su vari fronti (sicurezza, giustrizia, sistema informativo ....) devono essere contrastate duramente dall'opposizione che deve criticare le scelte ritenute non valide, proporre soluzioni alternative, definire una sua agenda di priorità sulla quale ricercare in modo chiaro il consenso popolare.

In questa settimana parlamentare, la presentazione della manovra economica per il 2009 da parte del Governo, lo scontro sul lodo Alfano e sul Decreto sicurezza hanno messo in chiaro che il confronto fra maggioranza e opposizione non può significare in alcun modo il venir meno di un'opposizione politica chiara sulle principali scelte operate dal Governo, non solo nelle posizioni parlamentari, ma in tutto il paese, come è stato evidenziato con la raccolta di firme avviata dal Partito Democratico e l'annuncio della manifestazione del 25 ottobre.

E' evidente che l'opposizione non può limitarsi a contestare e contrastare le scelte politiche della maggioranza, ma deve costruire un'agenda alternativa, che si fondi su proposte in grado di rispondere alle esigenze che i cittadini sentono come prioritarie o di affrontare quei nodi essenziali che servono al rilancio del Paese. Su queste proposte si può definire un profilo programmatico concreto del PD, sul quale trovare un radicamento sociale e territoriale non di tipo ideologico, e allo stesso tempo costruire una strategia di alleanze in grado di sostenere una proposta di governo vincente per le prossime sfide elettorali.

E' una sfida faticosa ma non impossibile. Soprattutto se il PD evita le scorciatoie delle scelte piovute dall'alto e cerca di dare una risposta stabile alle domande di partecipazione democratica che provengono da quanti hanno partecipato alle elezioni primarie e da quanti auspicano una vita del partito fondata sul pluralismo e sulla democrazia, come anticorpi essenziali contro le derive plebiscitarie della "mediocrazia" che è ormai dominante in Italia.

venerdì 11 luglio 2008

Le ragioni del no al decreto sicurezza

In un intervento precedente ho già affermato che il Partito Democratico deve mettere al centro della sua riflessione il bisogno di sicurezza dei cittadini, nelle diverse dimensioni in cui si manifesta, soprattutto per rispondere alle domande delle fasce più deboli della popolazione, ma che allo stesso tempo deve evitare di copiare le ricette della destra e uscire dalla cultura dell'emergenza che sta caratterizzando le scelte del legislatore italiano in materia penale.

Nell'odierna discussione parlamentare sul "Decreto sicurezza" il Governo ha presentato alcuni emendamenti per superare i problemi della norma "blocca processi", a seguito del via libera dato ieri dalla Camera dei deputati al "Lodo Alfano".

Al di là della norma incriminata, il Decreto legge sulla sicurezza, in considerazione delle diverse materie affrontate e delle diverse modifiche approvate in Parlamento, si rivela come un provvedimento bandiera che cerca di rassicurare le paure dei cittadini, ma non risolve i veri problemi della giustizia ed, anzi, introduce diverse complicazioni, come ha chiarito il CSM nella sua deliberazione del 1° luglio scorso.

Con i suoi presupposti di necessità e urgenza (sic!) il Decreto legge si muove nel già fragile ordinamento penale italiano come un elefante tra la cristalleria.

A conferma di questa affermazione basta scorrere l'indice delle disposizioni approvate:
  • Art. 1 (Modifiche al codice penale)
  • Art. 2 (Modifiche al codice di procedura penale)
  • Art. 2-bis (Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271)
  • Art. 2-ter (Sospensione dei processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002).
  • Art. 3 (Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274)
  • Art. 4 (Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni)
  • Art. 5 (Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
  • Art. 6 (Modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale)
  • Art. 6-bis (Modifica all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689)
  • Art. 7 (Collaborazione della polizia municipale e provinciale nell’ambito dei piani coordinati di controllo del territorio)
  • Art. 7-bis (Concorso delle Forze armate nel controllo del territorio)
  • Art. 8 (Accesso della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell’interno)
  • Art. 8-bis (Accesso degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti al Corpo delle Capitanerie di porto al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno)
  • Art. 9 (Centri di identificazione ed espulsione)
  • Art. 10 (Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575)
  • Art. 10-bis (Modifiche al decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356)
  • Art. 11 (Modifiche alla legge 22 maggio 1975, n. 152)
  • Art. 11-bis (Modifiche alla legge 3 agosto 1988, n. 327)
  • Art. 11-ter (Abrogazione)
  • Art. 12 (Modifiche al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12)
  • Art. 12-bis (Modifiche alla legge 18 marzo 2008, n. 48)
  • Art. 12-ter (Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115)
  • Art. 12-quater (Modifica all'articolo 25 delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448)
  • Art. 13 (Entrata in vigore)
La cultura di emergenza che invade il diritto penale mi fa tornare in mente le parole e le ragioni del professor Franco Bricola, teorico delle dottrine generali del diritto penale, ed in particolare del suo capolavoro, la "Teoria generale del reato" (1973), nella quale si rende evidente la dimensione politica e costituzionale del diritto penale.

Non ci può essere reato se non c'è «offesa colpevole» ai beni giuridici tutelati dalla Costituzione. Solo un'offesa di questo tipo può giustificare il sacrificio della libertà personale (uno dei massimi valori costituzionali) che ancora oggi consegue - direttamente o indirettamente - ad ogni tipo di pena. Perché ci sia un reato ci deve essere un'offesa o almeno un "pericolo concreto", il principio di colpevolezza e la ragionevole possibilità di conoscere la norma penale violata.

Ma la Costituzione è anche il luogo in cui si individuano i poteri dello Stato, il loro rango, le loro attribuzioni. Su questo si basa la certezza del diritto. La riserva di legge in materia penale prevista dall'art. 25 della Costituzione deve pertanto ritenersi come riserva assoluta: ciò implica che solo agli atti normativi provenienti in via esclusiva dal Parlamento possono introdurre norme e sanzioni penali.

Per questo motivo, non sono tollerabili intrusioni del potere esecutivo nel diritto penale, anche nella forma del decreto legislativo e del decreto legge, né sono tollerabili gli occulti interventi creativi del potere giudiziario, favoriti da norme incriminatrici sprovviste della necessaria precisione e determinatezza che portano agli abusi della "discrezionalità".

Per questo motivo, se si vuole veramente una giustizia giusta, è necessario innanzitutto che il Parlamento si riappropri delle sue attribuzioni costituzionali, negando l'approvazione di provvedimenti emergenziali in materia penale che aumentano il caos della legislazione penale e l'incertezza del diritto e della pena, aumentanto ancora di più la "discrezionalità" dei giudici.

Come di può vedere le ragioni del no al Decreto sicurezza stanno al di là della contrapposizione tra i giudici e la politica, che riempie le pagine dei giornali e dei telegiornali, e nascono da una profonda esigenza di giustizia che ha il suo fondamento nella lucida Costituzione della Repubblica italiana.

giovedì 10 luglio 2008

I problemi della giustizia e il lodo Alfano

Con la presentazione del DDL "Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato", il cd. "lodo Alfano", anche in questa legislatura è diventato chiaro come gli interessi personali di Berlusconi realivi ai suoi processi prevalgano sui reali problemi della giustizia.

Sulla giustizia occorrerebbe un confronto approfondito, non lo scontro tra poteri dello Stato, per ripristinare la certezza del diritto e la funzionalità degli apparati giudiziari, attraverso un intervento sulle cause sostanziali e strutturali che sono alla base del cattivo funzionamento dei tribunali italiani.

Con la presentazione del "lodo Alfano" si mira a reintrodurre con legge ordinaria, nel nostro ordinamento, l'immunità temporanea per reati comuni commessi dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Presidenti di Camera e Senato anche prima dell'assunzione della carica. Si mira a fare approvare dal Parlamento una "leggina" che ha l'obiettivo di bloccare alcuni processi o indagini in cui è coinvolto il Presidente del Consiglio, coinvolgendo le altre cariche istituzionali solo per far evitare che si parli di una legge ad personam, pur essendo consapevoli che questa scelta potrà essere domani posta nel nulla da una censura della Corte costituzionale.

Questa scelta, infatti, è palesemente in contrasto con l'articolo 1, comma 2, e con l'art. 3, comma 1 della Costituzione. "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"; "Tutti i cittadini .... sono eguali davanti alla legge": sono principi fondamentali della Costituzione che impediscono che si possano introdurre privilegi giurisdizionali per legge ordinaria, come chiarisce l'appello dei 100 costituzionalisti, pubblicato su Repubblica.

Prevale nella maggioranza di centrodestra quella cultura che, a parole, rivendica la giustizia e la libertà e, nei fatti, istituisce privilegi con provvedimenti eccezionali e urgenti che contrastano con i principi di libertà e di uguaglianza che sono scritti nella nostra Costituzione repubblicana. E, così, si grida contro la "casta" e si approvano leggi che aumentano i privilegi della "casta".

Il centrodestra ancora una volta si è affidato alla leaderschip di Berlusconi per vincere le elezioni ma, ancora una volta, vinte le elezioni, l'ascesa al Governo di Berlusconi impedisce al centrodestra di essere in grado di rispondere alle reali esigenze del Paese.

mercoledì 9 luglio 2008

Le priorità del Paese e le scelte economiche del Governo

Secondo un recente sondaggio dell’Istituto IPR Marketing il costo della vita e la perdita di potere d'acquisto di salari e pensioni risulta infatti la principale preoccupazione degli italiani (dal 69% degli intervistati) indipendentemente dalle opinioni politiche.
La crescita dell'inflazione, derivante in gran parte dall'aumento dei prezzi del petrolio e dei prodotti alimentari su scala mondiale, la crisi dei mercati immobiliari e finanziari e l'aumento dei tassi di interesse in Europa, sono condizioni oggettive che renderanno senza dubbio ancora più forte l'attenzione alle condizioni dei bilanci familiari.
Sia il il PDL che il PD, durante la campagna elettorale, hanno condiviso nelle loro proposte la necessità di affrontare prioritariamente il tema della difesa del potere di acquisto delle famiglie ed, in particolare, dei redditi più bassi.
Gli interventi del Governo previsti dal decreto legge 93/08 per la salvaguardia del potere d'acquisto delle famiglie e dal decreto legge 112/08 sulla manovra finanziaria non sembrano andare in questa direzione, poiché alla fine portano ad un complessivo inasprimento della pressione fiscale e non avvantaggiano i redditi più bassi.
Se si pone attenzione più da vicino al tema delle dinamiche salariali, evidenziato dall'articolo di De Cecco "Salari amari", si può inoltre valutare con più attenzione l'errore compiuto dal Governo con la scelta della detassazione degli straordinari.
Essa interviene su un mercato del lavoro, come quello italiano, nel quale si è assistito negli ultimi 15 anni ad un aumento delle ore lavorate, che non ha corrisposto ad una crescita della produttività e delle retribuzioni, come dimostrano i dati ISTAT del luglio '08 e i dati dell' Outlook sull'Occupazione dell'OCSE.
Purtroppo si punta ancora sulla quantità e non sulla qualità.
Invece di chiedere di lavorare di più a chi lavora già tanto, occorrere diminuire il peso delle tasse sul lavoro dipendente per aumentare il potere di acquisto dei salari e degli stipendi e rendere conveniente l'assunzione del personale più qualificato che può dare un contributo all'innovazione e alla competività del sistema produttivo italiano, anche attraverso una riforma del sistema contrattuale pubblico e privato che rafforzi il legame fra il salario e la produttività.