martedì 17 maggio 2011

Un voto per il territorio, un voto per il Paese


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Siamo probabilmente alla fine di un ciclo politico dominato dall’egemonia berlusconiana che ha portato una maggioranza di centrodestra a guidare il Paese (per 8 anni su 11 a partire dal 2000) con un’onda lunga che le ha consentito di diventare maggioritaria anche nei comuni, nelle province e nelle regioni.

I risultati del primo turno delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio dimostrano che una nuova stagione è iniziata.

Le elezioni hanno interessato 11 province e 1343 comuni (di cui 7 comuni capoluogo di regione, 30 comuni capoluogo di provincia) e coinvolto circa 13,5 milioni di elettori.

E' stata quindi una sfida elettorale di portata generale, accresciuta dal fatto che il Presidente del Consiglio si è candidato di persona nelle liste del PDL per le elezioni comunali di Milano, facendo capire che il voto in quella città avrebbe comportato un giudizio complessivo sul Governo.

Il centrosinistra ha vinto al primo turno in 12 città capoluogo di provincia (solo 4 al centrodestra) e in 3 province (solo 2 al centrodestra). Ha vinto nel Nord del Paese, in cui il vento è cominciato a girare diversamente. Ha vinto in molte altre realtà in cui il centrosinistra era stato in difficoltà (Bologna, Fermo, Benevento, Olbia). E va al ballottaggio con buone possibilità di vittoria in molte città e province. Piero Fassino è diventato sindaco di Torino dopo la sconfitta del centrosinistra alle elezioni regionali; Giuliano Pisapia è arrivato primo a Milano, la capitale della coalizione di governo, con il 48% dei voti.

La maggioranza di governo ha mostrato tutte le sue crepe al Nord, dove si è incrinato l'asse vincente tra il PDL e la Lega. Ma il centrodestra è arretrato in tutto il Paese, anche nelle regioni in cui aveva vinto largamente nelle precedenti elezioni politiche, amministrative e regionali.

Anche se non è possibile estendere meccanicamente il voto amministrativo al voto politico, le elezioni comunali e provinciali dimostrano che l’onda lunga dell’egemonia berlusconiana si è fermata ed inizia a ritirarsi. Nel Paese c'è un'aria nuova. Comincia ad emergere un'altra Italia.

Le forze di opposizione, con le vittorie conquistate al primo turno e con il ballottaggio del 29-30 maggio, hanno ora una straordinaria occasione per dimostrare che un’alternativa al governo di centrodestra è possibile proprio a partire dai territori, avanzando proposte “credibili, affidabili, praticabili” per il governo delle città e delle province.

E’ una sfida che riguarda il PD, in primo luogo, che come principale partito di opposizione ha cercato di costruire un progetto di governo alternativo, attraverso il consolidamento dell’unità del partito, il ricorso alle "primarie di coalizione", il coinvolgimento di tutte le forze di opposizione presenti in Parlamento e nel Paese. Non a caso, anche nel rivendicare la vittoria di ieri, Bersani ha precisato: «Voglio un Pd che cresca servendo, mettendosi cioè al servizio di un centrosinistra largo, aperto, capace di rivolgersi alle forze moderate e civiche, capace di prendersi il compito di costruire l'alternativa sui temi che interessano ai cittadini».

Ma la sfida riguarda tutte le opposizioni che, in vario modo, hanno proposto candidature per le elezioni comunali e provinciali e che, nel ballottaggio, auspico possano far confluire i loro voti sui candidati del centrosinistra che abbiano ricevuto il maggiore consenso degli elettori, sulla base di progetti precisi per il buon governo dei territori.

Non si tratta di votare contro Berlusconi, ma di costruire nei territori un'alleanza civica per il governo delle città e delle province. Non si tratta di abbattere un vecchio albero, ma di far crescere una foresta rigogliosa che renda visibile e credibile, a livello nazionale, la prospettiva di un'alleanza repubblicana capace di raccogliere un largo consenso, per portare a termine la fase di fibrillazione - transizione istituzionale, consolidare le radici democratiche della nostra Repubblica sul solco dei principi costituzionali, ripristinare la civiltà del confronto e dello scontro politico, rimettere in moto le energie positive per favorire lo sviluppo del Paese.