venerdì 31 luglio 2009

Riforme istituzionali: necessario un percorso coerente

Dopo anni di lunghe discussioni sulle grandi riforme costituzionali, si è avviato in questa legislatura un percorso molto concreto di attuazione della riforma del titolo V, parte II, della Costituzione, entrata in vigore nel 2001.

E’ stata approvata dal Parlamento la legge delega sul federalismo fiscale che ha come principale obiettivo il riconoscimento dell’autonomia e della responsabilità dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali e nella gestione delle entrate e delle spese.

Nel momento in cui ha approvato la legge delega, il Parlamento ha approvato un ordine del giorno del Partito democratico che invitava il Governo a presentare un disegno di legge sulle funzioni fondamentali di ogni livello di governo, per definire chiaramente “chi fa cosa” e avviare un profondo processo di riordino delle istituzioni.

Il disegno di legge è stato approvato in via preliminare dal CdM del 15 luglio 2009, ed è ora auspicabile che in Parlamento e nel Paese ci sia ora un confronto approfondito e serrato poiché è evidente che non si può costruire un sistema di ripartizione delle risorse finanziarie efficiente su un sistema istituzionale inefficiente.

Questi provvedimenti danno coerenza al processo di trasferimento di poteri e risorse alle autonomie territoriali che è stato avviato a partire dalla metà degli anni '90. Essi implicano però una rinnovata capacità dello Stato nazionale di garantire l’unità del Paese ed un livello adeguato di prestazioni nei diversi territori. Nel momento in cui si rafforza l’autonomia e si dà vita ad un ordinamento di tipo federale c’è ancor più bisogno di uno Stato forte, che funga da regolatore, che consenta di mettere in rete le diverse istituzioni che compongono la Repubblica fornendo ai cittadini tutte le informazioni necessarie per verificare la loro attività, che intervenga a colmare le disparità territoriali che sono già presenti nel Paese e che rischiano di aggravarsi.

Lo spostamento dei poteri verso le autonomie territoriali è stato controbilanciato, in questi anni, da confuse tendenze di verticalizzazione del potere che mettono in sofferenza l'evoluzione pluralistica degli assetti istituzionali. Le modifiche della legislazione elettorale e l’evoluzione del sistema politico e mediatico hanno prodotto sul piano nazionale un presidenzialismo di fatto che contraddice la forma di governo parlamentare della nostra Costituzione e svuota i poteri del Parlamento e delle autonomie territoriali (accentramento delle scelte, decretazione di urgenza, ricorso reiterato al voto di fiducia…).

L’indicazione sulla scheda elettorale del capo della coalizione, il premio di maggioranza, le liste bloccate danno apparentemente ai cittadini la sensazione di scegliere direttamente il governo, ma ciò avviene senza i necessari contrappesi tipici dei sistemi presidenziali. Quel che è più grave è che i cittadini e i territori sono spogliati del diritto di eleggere i loro rappresentanti in Parlamento.

Per realizzare anche in Italia una “democrazia costituzionale” pienamente inserita nel contesto istituzionale europeo occorre individuare un percorso coerente per ammodernare e razionalizzare la nostra forma di governo parlamentare, attraverso una riforma condivisa del Parlamento e della legge elettorale.

Tutte le forze politiche sono consapevoli che i rapporti tra le autonomie territoriali e lo Stato non possano limitarsi agli incontri tra gli esecutivi. Occorre mettere mano ad una riforma del sistema parlamentare, per superare i limiti del bicameralismo perfetto, attraverso la previsione di una sola Camera con funzioni di indirizzo politico e l’istituzione di un Senato delle autonomie che consenta di raccordare la funzione legislativa del Parlamento con la nuova forma di stato introdotta dalla riforma costituzionale del 2001 (sul modello della bozza Violante).

Anche la riflessione sulla legge elettorale deve essere collocata in questa prospettiva. Nell’ambito della forma di governo parlamentare si possono utilizzare diversi modelli di legge elettorale per contemperare le esigenze del pluralismo, della democrazia, della rappresentanza e della governabilità, allo scopo di ridare una vera legittimazione alla politica e al Parlamento.

Si possono coniugare facilmente le esigenze della democrazia e dell’efficienza, senza la necessità di ricorrere all’elezione diretta del premier e al premio di maggioranza. La verticalizzazione e personalizzazione delle scelte elettorali è infatti utile quando si deve eleggere il vertice di un’amministrazione locale che svolge compiti di natura amministrativa (Sindaco, Presidente di provincia) ma causa insanabili conflitti istituzionali quando si elegge un’assemblea legislativa nell’ambito di una forma di governo parlamentare.

L’obiettivo della riforma elettorale non può essere quello di forzare il quadro politico. Al contrario, essa deve tener conto dell’evoluzione del sistema politico che è avvenuta in questi anni con la formazione di due grandi partiti (PDL e PD) intorno alle quali si costruiscono le coalizioni di governo a livello nazionale e territoriale, alle quali partecipano quei soggetti (la Lega, l'IDV, l'UDC, ma potenzialmente anche la Sinistra) che sono in grado di veicolare in modo consistente interessi e valori che altrimenti non troverebbero rappresentanza nel sistema politico, superando le soglie di sbarramento previste dalle diverse leggi elettorali.

Dopo anni di strappi e sperimentazioni in materia di legislazione elettorale si apre, per la prossima legislatura, la possibilità di una riforma elettorale di sistema che consenta di contemperare le esigenze della rappresentanza (delle opinioni e dei territori) con le esigenze della governabilità, attraverso il ritorno ai collegi uninominali, un mix di proporzionale e di maggioritario e la previsione di una soglia di sbarramento che consenta di assicurare la costituzione di solide maggioranze parlamentari.

A valle della riforma del Parlamento e della legge elettorale si colloca una riforma dei regolamenti parlamentari che preveda una riorganizzazione dei gruppi parlamentari, il rafforzamento del ruolo del Governo nella guida della maggioranza parlamentare, l’accorciamento dei tempi di approvazione delle leggi (rafforzando il ruolo delle commissioni), la definizione di uno statuto delle opposizioni che consenta loro di esercitare il ruolo di controllo democratico a cui sono state chiamate dagli elettori.

Su queste esigenze di riforma istituzionale c’è un consenso di massima di tutte le forze politiche. Se le forze politiche di maggioranza e di opposizione riusciranno a trovare l’accordo su queste riforme, cercando in Parlamento quella larga condivisione che gli italiani chiedono alla politica quando si tratta di decidere le regole del gioco, il sistema politico italiano, dopo una lunga fase di transizione, potrà finalmente trovare una nuova legittimazione e fornire risposte chiare ai bisogni del Paese.