martedì 12 novembre 2013

Congresso PD: ecco perché sostengo Gianni Cuperlo


Il congresso del PD che si sta svolgendo in questi giorni segna un punto di svolta per un partito nato 6 anni fa da una fusione a freddo tra i partiti eredi della tradizione comunista e della sinistra democristiana.

Il Congresso si basa su regole incerte, che nascono da uno statuto confuso e criticato da tutti, che l'assemblea nazionale non è riuscita a cambiare. Votano a ripetizione prima gli iscritti e poi gli elettori e non è chiaro quale sia il ruolo degli iscritti e quale sia il ruolo degli elettori. Non è stata stabilita una data di chiusura del tesseramento per il congresso. Da questa confusione nascono anche i casi di tesseramento gonfiato che si sono manifestati in questi giorni.

Tuttavia, per la prima volta, grazie alla saggia transizione garantita da Gugliemo Epifani,  il confronto per la leadership del partito avviene tra persone che non hanno svolto negli ultimi 20 anni funzioni di direzione politica a livello nazionale. Ciò porterà pertanto ad una svolta generazionale nella guida del PD.

I 4 candidati (Civati, Cuperlo, Pittella e Renzi) vogliono tutti, con diverse sfumature, una chiara collocazione del PD nella famiglia progressista, socialista e democratica europea. Su questo punto  hanno saputo trovare un minimo comune denominatore che rappresenta un momento importante per la costruzione del PD come partito veramente europeista e che costituirà  un passaggio essenziale soprattutto in vista delle elezioni europee del prossimo anno.

Da cittadino italiano ed europeo, io spero che il PD sia effettivamente un partito democratico fodato sul lavoro e contribuisca alla nascita di un grande partito progressista in Europa, perché è a livello europeo che si gioca la sfida per il futuro della nostra democrazia. La proposta di Martin Schulz alla presidenza della Commissione in vista delle elezioni europee del 2014 è una scelta decisiva per costruire un'Europa più giusta e per riaprire la prospettiva della Federazione degli Stati Uniti d'Europa.

Ma la vera sfida del congresso PD si gioca su quale partito e quale sistema politico si vuole costruire in Italia nei prossimi anni.
  1. Una prima soluzione è quella di riproporre la vocazione maggioritaria del PD in un modello bipolare che non tiene conto dei risultati delle elezioni del 2013. Questa scelta implica un partito con identità debole che mira a prendere voti ovunque, la verticalizzazione delle scelte, una legge elettorale di tipo presidenziale (il sindaco d'Italia) che rompa con il sistema parlamentare della Costituzione repubblicana, il ricorso costante alle primarie e la trasformazione del partito in un comitato elettorale a sostegno de leader, guidato essenzialmente dagli eletti, dai parlamentari (al centro) e dai sindaci (in periferia)
  2. Una seconda soluzione è la rifondazione del PD come comunità di uomini e donne che utilizza fino in fondo le opportunità comunicative e partecipative offerte dalla rete, associazione autonoma rispetto alle istituzioni rappresentative che ridefinisce la sua identità, organizzazione e azione in coerenza con la Costituzione repubblicana. E' sicuramente una strada lunga e complessa, che prende atto della fine della seconda Repubblica e che comporta un profondo ripensamento della forma partito dopo il fallimento del modello plebiscitario, oligarchico e cooptativo su cui sono stati scelti i gruppi dirigenti attuali.
Io condivido questa seconda prospettiva, perché è la scelta che permette al PD di svolgere al meglio la sua funzione nazionale ed europea in questo momento, nel rispetto dei principi di democrazia, autonomia e pluralismo della Costituzione repubblicana. Il partito recupera così una visione autonoma, in grado di valorizzare il ruolo delle assemblee elettive ad ogni livello, di aprire un confronto vero con il Governo e con i movimenti presenti nella società, soprattutto in vista del momento in cui si dovranno definire le proposte, le candidature e le alleanze per le prossime elezioni politiche.

E' una scelta che obbliga a "resettare" il PD per come è stato costruito in questi anni, a partire da una seria valutazione del comportamento dei suoi dirigenti nella fase di elezione del Presidente della Repubblica, che ha mostrato chiaramente la mancanza di cultura di governo di un partito che si proponeva di guidare il Paese per cambiarlo profondamente. A mio avviso, i dirigenti che hanno ostacolato l'elezione prima di Marini e poi di Prodi, venendo meno all'impegno di condividere a maggioranza le scelte principali della coalizione Italia Bene Comune, non sono oggi credibili quando si candidano alla segreteria del PD.

Il prossimo segretario del PD deve avere una grande consapevolezza della necessità di distinguere oggi il ruolo di segretario del partito dal ruolo del possibile candidato premier della coalizione di centrosinistra. Abbiamo bisogno di un segretario che si metta al servizio del partito e che lo guidi unitariamente anche grazie alla  netta distinzione tra l'elezione dei gruppi dirigenti locali e l'elezione del segretario nazionale, che è stata saggiamente introdotta nel percorso congressuale. I segretari di circolo e i segretari di federazione hanno una legittimazione che nasce dalla volontà degli iscritti del territorio e non dalla semplice appartenenza ad una corrente e questo può consentire una gestione unitaria del partito anche a livello nazionale fuori dalla "guerra di bande" degli ultimi anni.

La costruzione di un partito autonomo è la migliore garanzia per un sostegno responsabile al Governo Letta, governo di necessità nato dalla situazione di stallo politico conseguente alle elezioni del 2013, con l'auspicio che esso possa contribuire a portare l'Italia e l'Europa fuori dalla crisi economica attraverso una maggiore equità, fino alla conclusione del semestre di presidenza italiana nella UE, e che possa favorire l'approvazione delle riforme istituzionali (della Costituzione e della legge elettorale) necessarie per mettere in sicurezza il nostro sistema democratico.

In conclusione, oggi il PD ha bisogno di un segretario che pensi al partito e al Paese, non al suo destino personale. Ritrovo queste mie riflessioni ed esigenze nel documento, nelle proposte e nei comportamenti concreti di Gianni Cuperlo ed è per questo che sostengo la sua candidatura a segretario del PD.

lunedì 11 novembre 2013

Ognuno è straniero nella sua città

"Viviamo così il tempo delle grandi città. Deliberatamente, il mondo è stato amputato di ciò che costituisce la sua permanenza: la natura, il mare, la collina, la meditazione delle sere" (A. Camus)