lunedì 30 dicembre 2013

DIRITTI POLITICI NEGATI

La legge di stabilità 2014 (legge 147/2013),  nell'art. 1, comma 325, prevede il commissariamento delle Province che dovrebbero andare voto nel turno elettorale amministrativo del 2014 per il rinnovo dei loro organi di governo. Allo stesso tempo, nell'art. 1, comma 441, la legge prevede la proroga dei commissariamenti per le Province che sono state commissariate negli anni precedenti.
  • 325. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 115, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, relative al commissariamento delle amministrazioni provinciali si applicano ai casi di scadenza naturale del mandato nonché di cessazione anticipata degli organi provinciali che intervengono in una data compresa tra il 10 gennaio e il 30 giugno 2014.
  • 441. Le gestioni commissariali di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 15 ottobre 2013, n. 119, nonché quelle disposte in applicazione dell'articolo 1, comma 115, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, cessano il 30 giugno 2014.
Queste disposizioni di legge sono di dubbia legittimità, in quanto la disciplina regolativa della legge di stabilità (art. 11, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica 196/09) impedisce l’inserimento in questo testo normativo di disposizioni normative di natura ordinamentale che non abbiano riflessi di carattere economico-finanziario.

L'illegittimità costituzionale dei commissariamenti delle Province è stata tra l'altro sollevata ora dall'ordinanza del TAR Sardegna del 13 dicembre 2013, che ha rimesso la questione alla Corte costituzionale per il contrasto con il principio di ragionevolezza delle norme che "non fissano un termine preciso e 'affidabile' di durata del regime commissariale"  e "contemporaneamente attribuiscono ai commissari (non soltanto il compito di liquidare i rapporti esistenti, ma anche) quello di erogare gli ordinari servizi provinciali".

Ancora una volta, purtroppo, il Parlamento approva disposizioni normative di dubbia costituzionalità che, oltre a produrre effetti negativi sul funzionamento ordinario delle amministrazioni provinciali, ledono il diritto dei cittadini, uomini e donne, di eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni provinciali, istituzioni esponenziali delle loro comunità territoriali, previste come elementi costitutivi della Repubblica nell'articolo 114 della Costituzione.

In base all'articolo 1 della Costituzione, principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico, l’Italia è una "Repubblica democratica" in cui "la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

La Costituzione stessa prevede, all'articolo 48, che "sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. il suo esercizio è dovere civico."

Per questi motivi, i commissariamenti delle Province, oltre il termine necessario al normale rinnovo – attraverso le elezioni democratiche – degli organi di governo provinciali, sono in contrasto con la Costituzione repubblicana. Il protrarsi del commissariamento oltre la normale scadenza elettorale, infatti, nel nostro ordinamento è ammessa solo in via eccezionale, per sanzionare casi gravi di cattivo funzionamento degli enti (come le infiltrazioni della criminalità organizzata).

Allo stesso modo, sono in contrasto con la Costituzione anche i commissariamenti delle Province in vista della loro trasformazione in enti di secondo grado, come previsto nel ddl AC 1542-A che è stato approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati lo scorso 21 dicembre. Infatti, le limitazioni al diritto dei cittadini di eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni costitutive della Repubblica - in base agli articolo 1, 48 e 114 della Costituzione - non possono essere previste in legge ordinaria, ma solo con una espressa previsione costituzionale.

Non a caso, è la stessa Costituzione che, all'articolo 58, prevede la limitazione ai soli cittadini con più di 25 anni dei diritto di eleggere i rappresentanti nel Senato della Repubblica e, all'articolo 83, prevede l’elezione del Presidente della Repubblica da parte del Parlamento in seduta comune.

Contro queste disposizioni lesive dei diritti elettorali e dei diritti politici garantiti dalla Costituzione, ogni cittadino, uomo e donna, potrà ricorrere al giudice per far dichiarare l'incostituzionalità di una legge ordinaria che nega alle comunità locali il diritto di eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni della Repubblica.

venerdì 6 dicembre 2013

Con Gianni Cuperlo, per la Repubblica democratica fondata sulle autonomie e sul lavoro


Il congresso del partito democratico è un momento essenziale per recuperare il valore costitutivo dei principi di unità, autonomia, pluralismo e democrazia della Repubblica tra gli iscritti, gli elettori e i nostri tanti rappresentanti nelle istituzioni democratiche (nei Comuni, nelle Province, nelle Regioni, nel Parlamento e in Europa).

Ma non solo. Il congresso è l’occasione per ricostruire un tessuto di partecipazione democratica, fuori dalle logiche correntizie e dalla proposta mediatica dell’uomo solo al comando, per mettere al centro della discussione politica il tema del lavoro.

La recessione economica e la scarsità delle risorse pubbliche disponibili, in questi anni,  hanno spinto lo Stato a riprendersi spazi di autonomia che la Costituzione assegna agli enti territoriali. La “legislazione emergenziale della crisi” ha scaricato sulle autonomie e sulle assemblee elettive i problemi della tenuta dei conti pubblici, privilegiando “scelte tecnocratiche di austerità” che hanno ristretto le possibilità di sviluppo economico, le capacità di innovazione e gli spazi di democrazia.

Per la rinascita del Paese, è necessaria una vera riforma delle istituzioni che riordini l’apparato statale e gli enti territoriali per renderli più moderni e funzionali alle esigenze dei cittadini: superando, i privilegi, gli sprechi e le sovrapposizioni (di strutture, competenze e costi) attraverso la netta distinzione delle competenze tra Stato - Regioni - Autonomie locali; migliorando la capacità di agire e di cooperare delle pubbliche amministrazioni attraverso un intelligente ricorso alla rete e alla digitalizzazione dei servizi.

Ma la riforma deve essere affrontata valorizzando l’originale scelta regionalista e autonomista della forma di stato italiana, con una puntuale modifica della Costituzione che porti in breve tempo al superamento del bicameralismo, alla riduzione del numero dei parlamentari e, soprattutto, alla riforma della legge elettorale, per ripristinare un rapporto di fiducia tra la politica e i cittadini, come lucidamente ci ha indicato la Corte costituzionale.

Devono essere evitate, invece, ulteriori forzature legislative che riducano ancor di più il ruolo delle autonomie, con scorciatoie plebiscitarie o tecnocratiche. Le autonomie territoriali e le assemblee elettive sono una risorsa per la crescita. Devono essere mobilitate attraverso una “golden rule” sugli investimenti, che anticipi una riforma del patto di stabilità anche in Europa, per uscire dalla logica della cieca austerità. La vera priorità, infatti, è la ripresa economica, per dare una prospettiva di occupazione e sviluppo ai giovani e al paese.

Con Gianni Cuperlo segretario del PD è possibile costruire un partito nuovo e un gruppo dirigente diffuso, al centro e nei territori, che non si chiude nel palazzo, nelle stanze del potere, ma vive e cresce nella società, interagendo con le persone in carne ed ossa, le formazioni sociali e le istituzioni rappresentative, per dare risposte vere alla domanda di lavoro e alla voglia di riscatto che cresce nella società: con le autonomie, per il lavoro e la democrazia.