domenica 21 agosto 2011

Manovre estive, governi inadeguati

I mercati finanziari in quest'estate hanno preso di mira gli USA e l'Europa perché hanno visto chiaramente le difficoltà dei governi nell'affrontare seriamente le prospettive di declino delle aree economiche che fino ad oggi hanno dominato il mondo.

Le risposte che sono state date a questa crisi sono inadeguate in tutte e due le sponde dell'Oceano Atlantico perché si attardano a proseguire politiche neoliberiste che tendono a difendere lo status e i privilegi acquisiti della parte più ricca della popolazione (invece di aprirsi al futuro con una crescita inclusiva, equa e sostenibile) quando i Paesi che stanno crescendo di più (BRIC) seguono altri modelli di intervento dello stato nell'economia.

Negli USA, lo scontro ideologico tra democratici e repubblicani e le diverse maggioranze tra Camera e Senato pongono Obama in seria difficolta' nella realizzazione del programma con il quale ha vinto le scorse elezioni presidenziali, ma fanno capire anche che la societa' americana non e' pronta ad affrontare le sfide prospettate.

In Europa, la miopia dei governi conservatori dei principali paesi ha arrestato il processo di costruzione unitaria ed impantanato l'UE nella logica intergovernativa in cui prevalgono ancora gli egoismi nazionali. Agli stati europei vengono richieste solo politiche di tagli della spesa pubblica, quando la creazione dell'euro imporrebbe necessariamente una piu' compiuta unificazione politica dell'Europa che consenta di dare risposte piu' ppropriate allo spostamento degli equilibri economici e geopolitici mondiali e di costruire una prospettiva di crescita equa e sostenibile per tutto il continente.

Il Parlamento europeo ha elaborato proposte sulla crisi finanziaria economica e sociale che mirano a rafforzare la governance unitaria dell'Unione attraversola nascita di un ministro dell'economia, il rafforzamento del bilancio comune, l'istituzione degli eurobond e di una tassa sulle speculazioni finanziarie.

L'incontro della scorsa settimana tra Merkel e Sarkozy ha deluso sia le aspettative dei mercati, sia le aspettative del Parlamento europeo, poiche' ha riproposto soluzioni di carattere nazionale di impianto liberista e un approccio intergovernativo nella governance europea. Anche la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie e' stata avanzata solo nella consapevolezza che essa non sarebbe stata accettata da altri paesi europei.

Se le proposte del Parlamento UE sono troppo ardite per i 27 Paesi membri e' comunque possibile praticare ipotesi di cooperazione rafforzata dei paesi dell'area euro, secondo quanto previsto dal trattato di Lisbona, creando uno spazio istituzionale integrato intorno all'unificazione monetaria, che potrebbe anticipare la creazione di uno spazio politico unitario a livello europeo.

In questo contesto si colloca la seconda manovra estiva di emergenza che e' stata approvata dal Governo Berlusconi su richiesta della BCE e che e' ora all'esame del Senato, con l'obiettivo di anticipare gli interventi previsti per il biennio 2013-14 al biennio 2012-13. La manovra cerca di anticipare il pareggio di bilancio e di porre le condizioni di ridurre il grande debito pubblico italiano e attraverso un aumento della pressione fiscale che pesa ancora una volta sui lavoratori dipendenti. La maggioranza di centrodestra si pone l'obiettivo della stabilità attraverso una sensibile riduzione del ruolo dei pubblici poteri, ma non pone le condizioni per un rilancio di una crescita equa, sostenibile e duratura del nostro Paese. Si pongono cosi' serie condizioni per un aumento dell'ingiustizia sociale.

Della manovra approvata dal CdM vorrei approfondire tre capitoli: l'intervento straordinario sulle entrate, l'anticipo al 2012 dei tagli alle amministrazioniu pubbliche, la riduzione dei costi delle istituzioni costitutive della Repubblica attraverso la riduzione del numero dei consiglieri regionali e degli amministratori locali e l'abolizione delle piccole province e dei piccoli comuni.

Il contributo una tantum e le addizionali colpiscono sempre i soliti contribuenti: i lavoratori dipendenti. Per una riforma del fisco più equa, occorre invece completare il federalismo fiscale spostando la responsabilità fiscale verso il territorio, con una tassa sui servizi sui beni immobili che insistono sul territorio comunale, una tassa provinciale sui veicoli a motore (autovetture, motocicli, natanti a motore) che consenta di dare una solida autonomia finanziaria a Comuni e Province: occorre inoltre una rimodularzione delle accise e della compartecipazione IVA per compensare i tagli ai trasferimenti alle Regioni. Ma soprattutto, occorre ripensare il fisco centrale spostando il peso della tassazione dalle persone alle cose, allegerendo le tasse sui lavoratori dipendenti, colpendo l'evasione fiscale attraverso la tracciabilita' dei pagamenti, tassando adeguatamente le rendite e i grandi patrimoni.

Rispetto ai tagli alle pubbliche amministrazioni si dovrebbe superare i tagli lineari che pesano in maggior parte sugli enti territoriali per proporre risparmi mirati, legati ad operazioni mirate di vendita e valorizzazione del patrimonio pubblico, alla riorganizzazione dell'amministrazione periferica dello Stato, al contenimento della spesa corrente locale a favore del rilancio degli investimenti, all'abolizione dei diversi enti e strutture (statali e regionali) che oggi svolgono compiti che dovrebbero o potrebbero essere svolti dagli enti territoriali. Interventi di questa natura possono essere tranquillamenre inseriti anche in un decreto legge e in una manovra di emergenza, senza aprire un ampio contenzioso costituzionale, come invece può avvenire quando si toccano gli assetti istituzionali garantiti dalla Costituzione.

Proprio per questo mi sembra invece ingiustificato l'inserimento nel decreto legge di un intervento sugli assetti istituzionali di Regioni, Province e Comuni, che tocca aspetti strutturali che devono essere affrontati da un organico disegno di legge costituzionale. Quest'intervento, come ci ha ricordato Manzella, dovrebbe partire necessariamente da una riforma radicale del Parlamento che preveda una forte riduzione del numero dei componenti della Camera dei Deputati e l'istituzione di un Senato federale, per poi toccare il numero dei componenti dei Consigli e delle Giunte regionali e i limiti dimensionali minimi per un organico accorpamento delle circoscrizioni comunali, provinciali e regionali.

In ogni caso manovre di emergenza come quelle delineate e interventi istituzionali di questa portata presuppongono una solida maggioranza parlamentare e non una maggioranza allo sbando come quella attuale. Occorre coinvolgere sia le forze di maggioranza che le forze di opposizione per dar vita ad un governo istituzionale di solidarietà nazionale che possa garantire la sostenibilità degli interventi operati anche nel futuro, attraverso la più larga condivisione delle scelte compiute, come chiaramente è stato indicato dal Presidente della Repubblica.

Se Berlusconi facesse un passo indietro per favorire questa soluzione si potrebbe ricostruire un circuito di fiducia tra il Paese e le istituzioni che rimetterebbe in modo le energie per la crescita del Paese e consentirebbe all'Italia di riconquistare anche la fiducia dei mercati finanziari.