sabato 31 gennaio 2009

La nostra scuola, il nostro futuro.

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Ormai tutti si interrogano sulla dimensioni e sulla durata della recessione in cui è caduta l'economia mondiale. Le ultime stime della crescita mondiale per il 2009 sono limitate allo 0,5% e l'ONU preannuncia che nel mondo ci saranno 50 milioni di disoccupati in più. In Italia la recessione è ancora più profonda (il FMI stima -2% nel 2009 e -0,1% nel 2001).

Di fronte a queste difficoltà, ormai evidenti, le reazioni dei governi non sono tutte uguali: alcuni si preoccupano di salvare soprattutto le banche e le industrie in crisi, trascurando la situazione di sofferenza economica e la paura del futuro che ormai si è diffusa tra la popolazione; altri si stanno prodigando con piani di investimento a medio e lungo termine sulle infrastrutture e, più in generale, sullo stato sociale.

Dalle prime scelte di politica economica e di politica estera di Obama emerge una visione che supera l'approccio del passato e cerca di dirottare la spesa pubblica, dalla spesa bellica alla spesa sociale per infrastrutture, ambiente, sanità e scuole. In un momento di grave recessione economica si focalizza l'attenzione su quegli investimenti che possano rilanciare l'economia e offrire una protezione e una speranza nel futuro alle persone.

Proprio sulla scuola è impressionante la differenza tra le scelte intraprese dall'amministrazione Obama rispetto a quelle stabilite dal Governo Berlusconi. Il Piano di sviluppo approvato dalla Camera negli USA prevede 145 miliardi di dollari di investimenti sulle scuole (circa 110 miliardi di euro). La manovra finanziaria approvata dal Governo italiano con la legge 133/08 prevede 8 miliardi di tagli alle scuole dal 2009 al 2012 (cfr. art. 64, comma 6).

Come si vede chiaramente non tutti i governi sono uguali: le nude cifre dimostrano che non tutti pensano alla scuola e al futuro.

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