venerdì 26 aprile 2013

Reset PD


Dopo la rielezione di Napolitano a Presidente della Repubblica e dopo l'incarico ad Enrico Letta per la formazione del Governo di larghe intese, è possibile tirare le fila di una riflessione sui risultati delle elezioni politiche del febbraio 2013 per capire le prospettive che si aprono alla diverse forze politiche in campo e, soprattutto, al PD.

Dalle elezioni non é emersa nessuna maggioranza politica chiara ma sembra comunque saltato l'assetto bipolare del sistema politico italiano su cui era stata costruita la cosiddetta seconda Repubblica. La coalizione di centrosinistra ha infatti vinto per un soffio le elezioni alla Camera dei Deputati, con appena il 29,5% contro il 29,1% del centrodestra, il 25,5% del M5S e il 10,5% del centro di Scelta Civica. Se si aggiunge il dato del 25% di astensione dal voto emerge con charezza una maggioranza del Paese che ha contestato profondamente il sistema politico italiano.

La coalizione Italia Bene Comune ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, grazie al premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale, ma non ha avuto la maggioranza assoluta dei seggi al Senato.

Di fronte a questa situazione di stallo, Bersani e la coalizione Italia Bene Comune, consapevoli della responsabilità che gli elettori hanno affidato alla coalizione che ha ottenuto la maggioranza dei seggi, hanno avanzato una proposta politica imperniata su un Governo di cambiamento (che esplicitamente coinvolgesse il M5S) e sulla condivisione delle cariche istituzionali (Presidenti delle Camere, Presidente della Repubblica, Presidenza di una eventuale convenzione costituzionale) con le altre forze politiche presenti in Parlamento.

Questa strategia ha trovato una prima parziale conferma nell'elezione dei Presidenti della Camera e del Senato, ma è venuta meno di fronte all'impossibilità di avviare un vero confronto tra il centrosinistra e il M5S intorno alla proposta di un Governo di cambiamento guidato da Bersani.

Questa situazione ha portato alla nomina dei saggi da parte Napolitano e ha spostato l'attenzione dal Governo all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Sulla base delle indicazioni emerse dalla coalizione Italia Bene Comune e della condivisione trovata tra le altre forze politiche, é stata avanzata al Parlamento riunito in seduta comune la proposta di eleggere Franco Marini alla prima votazione per il Presidente della Repubblica. Era una personalità che proveniva dal partito democratico e da una storia legata al mondo del lavoro che aveva il consenso anche del centrodestra come figura di garanzia dell'unità nazionale.

Questa proposta non ha raggiunto la maggioranza richiesta dei 2/3 dei voti, soprattutto per il fatto che oltre 200 grandi elettori della coalizione Italia Bene Comune sono venuti meno all'impegno preso nella Carta d'intenti di votare in modo responsabile unitariamente sulle scelte che sarebbero state prese anche a maggioranza nella coalizione. Rispetto alla strategia comune inizialmente condivisa sono emerse opzioni diverse che hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni di esponenti del centrosinistra e che sono esplose a seguito della candidatura di Stefano Rodotà avanzata dal M5S.

La mancanza di unità e reponsabilità é stata confermata anche quando sono mancati 101 voti a Romano Prodi, proposta avanzata con un voto unanime (!?!) dei grandi elettori della coalizione di centrosinistra. Scelta che ha portato alle dimissioni di Bersani e alla fine della coalizione Italia Bene Comune.

In sintesi: Berlusconi resta il leader del centrodestra anche dopo aver perso per tre volte le elezioni politiche e il centrosinistra si è autodistrutto facendo cadere il leader che  - anche se di poco - aveva vinto le elezioni. Complimenti!

Di fronte al harakiri del centrosinistra, ovvero della coalizione che comunque aveva una maggioranza numerica in Parlamento, le principali forze politiche si sono ritrovate intorno alla proposta di rieleggere Giorgio Napolitano come Presidente della Repubblica e di garantire la formazione di un Governo di larghe intese, con l'appoggio del PD, del PDL e di Scelta Civica, e con l'opposizione del M5S, di SEL e della Lega.

Il fallimento della strategia scelta dal PD con la formazione della coalizione Italia Bene Comune pone oggi il centrosinistra in una situazione difficile soprattutto perché il PD e SEL scelgono prospettive politiche diverse.

Di fronte a questa situazione il PD dovrà sostenere il Governo formato da Enrico Letta nella speranza che esso possa dare le risposte chieste dal Paese e indicate in gran parte anche nei rapporti elaborati dai saggi nominati da Napolitano. Spero che i parlamentari del PD siano uniti nella scelta della fiducia al Governo e rimandino il confronto tra le diverse posizioni al dibattito congressuale.

Il PD, infatti, dovrà ben presto andare al congresso e si troverà di fronte ad un bivio.

  1. Da un lato c'è la strada indicata da Matteo Renzi, con  il recupero della vocazione maggioritaria del PD, attraverso la scelta del presidenzialismo (il Sindaco d'Italia), la rottura a sinistra e la trasformazione del partito in un comitato elettorale a sostegno del leader.
  2. Dall'altro, c'è la rifondazione del PD come partito fortemente inserito nella società che recupera autonomia rispetto alle istituzioni (come indicato da Fabrizio Barca) e che ridefinisce la sua identità, organizzazione, capacità di azione sul modello dei partiti progressisti e socialdemocratici europei (come indicato da molti dirigenti del PD).
La seconda prospettiva é sicuramente più lunga e complessa. Comporta un profondo ripensamento del modello di partito dopo il fallimento del sistema plebiscitario, oligarchico e cooptativo su cui sono stati scelti i gruppi dirigenti attuali, che ha portato alla feudalizzazione dei gruppi dirigenti e all'irresponsabilità evidenti nelle scelte compiute in questi giorni.

Ma è la scelta che permette al PD di svolgere al meglio la sua funzione nazionale ed europea. In questo modo il PD recupera una visione sociale autonoma, in grado di aprire un dialogo con i movimenti presenti nella società e di interagire con le forze politiche che si collocano alla sinistra e al centro del sistema politico italiano, anche nel momento in cui si dovranno definire le proposte, le candidature e le alleanze per le prossime e elezioni politiche, prendendo atto della fine della seconda Repubblica e del sistema bipolare.

Da cittadino europeo sinceramente democratico e di sinistra, io spero che usciamo dalla macerie della coalizione di centrosinistra di oggi, con la nascita nel 2013 di un grande partito socialista e democratico in Europa, che proponga un unico candidato alla presidenza della Commissione e che apra finalmente la prospettiva della Federazione degli Stati Uniti d'Europa, in vista delle elezioni europee del prossimo anno.

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