domenica 11 maggio 2008

Il Governo Berlusconi IV e il Governo ombra del PD

Il chiaro esito delle elezioni politiche del 13 e 14 giugno ha consentito a Berlusconi e alla coalizione che lo sostiene di procedere con molta rapidità ai primi adempimenti della XVI legislatura.
I Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica sono stati eletti tra i rappresentanti delle due maggiori forze che hanno dato vita al Popolo della libertà.
Il Presidente del Consiglio ha accettato senza riserve l'incarico conferitogli dal Presidente della Repubblica e ha formato immediatamente il nuovo Governo, che si presenta come un Governo del Primo ministro. Nel Governo Berlusconi IV, che si è insediato lo scorso 8 maggio, non ci sono Ministri esterni alla maggioranza e i Ministri più importanti fanno diretto riferimento Presidente del Consiglio. Anche se è stato rispettato il numero di Ministri con portafoglio previsto dalla legge, è evidente una certa certa ridondanza di incarichi tra quelli senza portafoglio, che può complicare la ripartizione dei compiti tra i diversi Ministri.
Il Partito Democratico è ancora alle prese con la discussione sulle ragioni della sconfitta. Tuttavia, in quanto principale partito di opposizione, non ha perso tempo e ha cominciato a riorganizzarsi attraverso l'elezione dei capigruppo di Camera e Senato, la costituzione del Governo ombra e di un Coordinamento che affiancherà il Segretario, Walter Veltroni, nelle funzioni di direzione politica del PD. La costituzione del Governo ombra deve portare a rivedere gli incarichi del Partito, poiché occorre evitare le sovrapposizioni e rendere evidenti le responsabilità nelle diverse politiche settoriali.
La nascita del Governo e la costituzione del Governo ombra possono favorire l'avvio di un nuovo rapporto tra maggioranza e opposizione, a partire dal diverso ruolo che esse svolgono nel Parlamento.
Da un lato, su alcuni temi di interesse nazionale, occorre superare la logica dello scontro a priori: la Costituzione, le riforme istituzionali, la politica estera e la posizione dell'Italia nell'Unione europea sono campi sui quali si dovrebbe sviluppare un confronto costante tra maggioranza e opposizione, per trovare alcuni fondamentali punti di accordo e un minimo comun denominatore a tutela dell'interesse generale e della tenuta del Paese.
Dall'altro, sulla politica economica e sulle altre scelte di governo, è naturale che l'opposizione dovrà incalzare la maggioranza senza paura, criticare le sue proposte se ritenute non valide, proporre delle soluzioni alternative, definire una sua agenda di priorità sulla quale ricercare in modo chiaro il consenso popolare.
Ma l'attività del Partito Democratico non può essere legata solo alla dinamica parlamentare.
Le ragioni della sconfitta sono profonde - non solo di natura politica ma anche di natura economica - e occorre riprendere con cura il percorso di radicamento territoriale e di definizione di una chiara identità riformatrice del Partito Democratico nel contesto europeo, anche per affrontare in modo positivo le prossime sfide delle elezioni amministrative ed europee.
E' un impegno non scontato, faticoso ma non impossibile. Soprattutto se il PD evita le scorciatoie delle scelte piovute dall'alto e recupera la capacità di coinvolgimento e di partecipazione democratica che si è avuta nelle elezioni primarie e che costituisce uno degli elementi innovativi del suo statuto.
Diamo fiducia al popolo dell'Ulivo e alle sue aspettative di partecipazione democratica; affidiamo ad esso le scelte sulla collocazione politica del PD in Europa e sulle candidature da presentare alle prossime scadenze elettorali.

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