sabato 13 giugno 2009

Dalle "elezioni pop" alla realtà dell'Europa

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Le tornata elettorale del 6 - 7 giugno univa in Italia alle elezioni del Parlamento europeo l'elezione di 4821 Comuni e 62 Province. Poteva essere una vera occasione di confronto sul futuro dell'Europa e dei nostri territori, ma il circuito mediatico ha invece preferito concentrare tutte le sue attenzioni sulle vicende di Berlusconi, tanto che il voto è stato descritto come "elezioni pop".

Il circuito mediatico ha cercato di trasformare il voto in un referendum pro o contro Berlusconi, con l'intento più o meno consapevole di spingere l'elettorato ad assecondare l'evoluzione del sistema politico italiano verso un modello tendenzialmente bipartitico di democrazia plebiscitaria. I due principali settimanali italiani hanno fotografato prima del voto questa tendenza alla personalizzazione della politica: L'Espresso con il "Silvio circus" e Panorama con "Ultima sfida" puntando sul confronto personale tra Berlusconi e Franceschini.

I risultati delle elezioni europee mostrano chiaramente anche oggi - come già era chiaro nelle elezioni politiche del 2008 - che gli italiani non vogliono una semplificazione della politica fino all'entropia. Hanno riconosciuto un forza prevalente al PDL (35%) e al PD (26%), ma ritengono essenziale che accanto ai due maggiori partiti ce ne siano altri in grado di rappresentare interessi e valori che altrimenti non sarebbero rappresentati nel sistema politico: la Lega (10%), l'IDV (8%), l'UDC (6,5%). Resta aperto il problema della rappresentanza politica di diverse formazioni della sinistra che non hanno ottenuto seggi nel Parlamento europeo, a causa della soglia di sbarramento del 4%, ma che nel complesso raggiungono il 9% dei voti.

Il pluralismo del sistema politico italiano non è atipico, ma trova riscontro in tutta l'Europa, sia nei sistemi politici dei diversi Stati membri, sia nell'articolazione dei gruppi politici del Parlamento europeo, nel quale ci sono due gruppi principali (PPE e PSE) ed almento altri 5 gruppi, ma nessun gruppo ha la possibilità di costruire una maggioranza politica da solo.

L'adesione del PDL al gruppo popolare europeo e del PD al nuovo gruppo dell'Alleanza dei democratici e socialisti europei segnano finalmente una tendenza alla ricomposizione del sistema politico italiano intorno agli assi di riferimento del sistema politico europeo.

Il PPE ha anticipato i tempi nell'evoluzione del panorama politico europeo: è andato oltre i confini del popolarismo del '900 ed è divenuto il primo gruppo del Parlamento europeo, aprendo le porte all'adesione di forze politiche diverse (gollisti francesi, conservatori inglesi, Forza Italia...). L'adesione del PDL al PPE porta a compimento il cammino intrapreso dalle forze di centrodestra italiane (Forza Italia e Alleanza nazionale) con la nascita del nuovo partito. Occorre segnalare che tutto ciò avviene quando la scelta di apertura del PPE comincia a mostrare alcuni segni di indebolimento a causa della fuoriuscita dal gruppo dei conservatori britannici.

La nascita dell'Alleanza dei democratici e socialisti europei segna una svolta importante per le forze di centrosinistra in Europa. Fino ad oggi i partiti europei di matrice socialista/laburista avevano preferito mantenere in Europa un forte legame con i valori del socialismo del '900 ed avevano rifiutato di aprire il gruppo socialista al contributo di altre forze progressiste o democratiche. Il risultato elettorale in Europa e, soprattutto, la necessità di confrontarsi con l'esperienza originale del Partito Democratico italiano hanno portato alla scelta di costituire la nuova alleanza.

Si apre così la prospettiva concreta di offrire una sponda unitaria alle diverse forze democratiche, ecologiste, riformatrici e progressiste per rafforzare la costruzione dell'Europa politica e favorire l'incontro con le principali forze progressiste nel mondo: il Democratic Party di Obama, l’Indian national congress di Sofia Gandhi e il Partito dei lavoratori di Lula.

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