mercoledì 23 aprile 2014

La svolta di Renzi e la prospettiva europea

A oltre 4 mesi dalle primarie del PD e a 2 mesi dalla formazione del Governo Renzi è possibile fare una primo bilancio della svolta politica che si è realizzata in Italia nel 2014.

Alle primarie del PD si sono confrontate 3 opzioni diverse che comunque rappresentavano una novità rispetto al passato:
  • Cuperlo voleva costruire un partito di sinistra europea, autonomo nella sua configurazione sociale e culturale, che doveva investire sui circoli e sugli iscritti, mantenendo il sostegno al Governo Letta;
  • Civati voleva ricostruire immediatamente un'alleanza di sinistra, recuperando il rapporto interrotto tra PD e SEL (dopo l'elezione del Presidente della Repubblica e la formazione del Governo Letta) attraverso un immediato ritorno alle elezioni;
  • Renzi ha proposto una svolta politica, per cambiare il gruppo dirigente che aveva governato l'Ulivo e il PD negli ultimi 20 anni, ma soprattutto per produrre un profondo cambiamento nel Governo del Paese, un cambiamento che tenesse conto delle esigenze che in questi anni sono state rappresentate soprattutto dai Sindaci.
Una volta vinta la battaglia per la segreteria del partito, il nuovo segretario si è trovato di fronte ad un bivio:
  • occuparsi del PD e spingere il Governo Letta ad un cambio di direzione visibile che tenesse conto del nuovo equilibrio creatosi nel partito;
  • prendere in prima persona la responsabilità del governo per guidare la svolta politica che era stata auspicata nelle primarie.
La discussione interna al partito ha spinto Renzi nella direzione di un suo impegno diretto per la formazione di un nuovo governo di coalizione. Questa scelta non è più il frutto, quindi, della volontà del Presidente della Repubblica di trovare una soluzione allo stallo creatosi dopo le elezioni politiche del 2013, ma risponde alla decisione  politica del partito di maggioranza relativa che ha candidato il suo segretario a guidare il Governo.

Il Governo Renzi, pertanto, è un governo pienamente politico e non un governo istituzionale di larghe intese come quello presieduto da Letta. E' un Governo che si fonda sulla volontà politica del PD di assumersi la responsabilità di imprimere una svolta visibile nella guida del Paese : attraverso precise scelte che lo facciano uscire dalla recessione e che portino a compimento, nel corso della legislatura, il percorso di riforme da lungo tempo auspicato.

Da qui il doppio binario nel rapporto con il Parlamento:
  • da un lato c'è la maggioranza che sostiene il Governo, più ristretta, che decide cosa fare nella politica economica e nelle riforme ordinarie;
  • dall'altro c'è una maggioranza più larga, che include il principale partito di opposizione, per approvare le riforme istituzionali necessarie a dare un quadro di riferimento, nuovo e condiviso, al Paese: la legge elettorale e le riforme costituzionali (del Senato e del titolo V).

Le scelte compiute dal Governo Renzi, all'inizio del suo percorso, segnano da un lato una forte discontinuità rispetto al Governo Letta: nella scelta dei Ministri, nel cambiamento dei capi di gabinetto, nelle indicazioni sulle nomine degli enti, nelle norme introdotte con il decreto sul lavoro, rispetto al percorso di riforme immaginato sulla legge elettorale e sulle modifiche della Costituzione.

Dall'altro lato, vi è una sostanziale continuità con l'azione già avviata dal governo precedente. E' stata approvata la legge di riordino degli enti locali, che prevede l'istituzione delle Città metropolitane il riordino delle Province e nuove disposizioni sulle unioni e fusioni di Comuni. E' stato varato il nuovo decreto di misure urgenti per gli enti locali (il cd. Salva Roma) che mira a risolvere i problemi di bilancio dei Comuni, attraverso norme che danno certezza alla fiscalità comunale e interventi di sostegno ai bilanci in crisi dei grandi Comuni.

La scelta di fondo che impegna il Governo per il futuro è sicuramente quella compiuta con il Documento di economia e finanza per il 2014, con il quale il Governo ha individuato il suo programma pluriennale e in base al quale il Parlamento ha votato il rinvio del pareggio di bilancio, ponendo all'Unione europea il tema del ripensamento complessivo della sua politica di austerità.

Questa scelta era necessaria per varare la manovra finanziaria definita nel decreto legge "Misure per la competitività e la giustizia sociale". Una manovra che mira a rilanciare la domanda interna con una restituzione di un credito di imposta di circa 80 euro sul lavoro dipendente al di sotto di una certa soglia di reddito e, in parte, a ridurre il peso dell'Irap sulle imprese, attraverso una riduzione molto forte della spesa pubblica.

E' probabilmente la sola scelta possibile oggi. Lo scambio tra riduzione del cuneo fiscale e riduzione della spesa pubblica è infatti il frutto delle indicazioni delle istituzioni europee fino ad oggi accettate dai governi italiani. E' anche una scelta che era stata auspicata dal documento unitario sottoscritto dalla Confindustria e dai sindacati nel settembre 2013. Ma questo scambio è alla lunga insostenibile, per il ridotto livello di spesa pubblica primaria e di investimenti pubblici che ha ormai raggiunto il Paese.

Una svolta concreta potrà nascere solo da un cambiamento dello scenario politico in Europa dopo le elezioni del prossimo 25 maggio. La vera scelta che i cittadini europei dovranno compiere è quella tra la prospettiva di continuità con le politiche di austerità imposte dai popolari che si sono ritrovati intorno alla candidatura di Juncker e la prospettiva di un nuovo patto per la crescita nell'Europa unita che le forze progressiste hanno proposto con la candidatura di Schulz alla guida della Commissione europea.


La decisione del PD di entrare nel Partito socialista europeo va nella direzione di costruire un soggetto federatore che spinga l'Europa ad uscire dall'austerità, per abbracciare la prospettiva della crescita solidale e dell'unificazione politica.

La nascita di un partito veramente europeo è una sfida che va ben oltre le elezioni europee del 25 maggio. Sulla rinnovata identità socialista e democratica del PD si può ricostruire l'autonomia politica del partito, tra i suoi iscritti, nei circoli, nell'iniziativa politica quotidiana, in modo da accompagnare l'azione del Governo Renzi con la prospettiva della costruzione di una vera alternativa politica in Italia e in Europa.

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